Potrebbe soffocarmi nel sonno

Potrebbe soffocarmi nel sonno, dopo una intensa giornata metropolitana. Non me ne accorgerei.
Potrebbe farlo mentre preparo la cena o mentre do un ultimo ritocco al maquillage.
Potrebbe soffocarmi con tutte le parole non dette in tutti questi anni.
Per questo in quella casa non posso rientrarci.
Non posso più cambiare le lenzuola, lasciare una camicia al sole, spostare l’immagine di Padre Pio dal comodino.
Ho lasciato una valigia aperta sulla tavola della cucina ancora imbandita, una macchia di vino spunta sotto un piatto.
Potrebbe soffocarmi l’idea di camminare sui pezzi di vetro sparsi lungo il corridoio. 
Quell’uomo che mi ha preso la mano in una bettola mentre degustavamo un vino acre e mi ha chiesto di accompagnarlo al mare, lui potrebbe soffocarmi.
Riuscirei a marciare su un letto di rovi senza sanguinare ma potrei morire dell’eco dei passi di quella donna amaramente amata.
Sciolgo una caramella sotto la lingua e osservo un portone verde senza serratura chiedendomi come vi si acceda e intanto penso che potrei morirci lì davanti.
Le chiavi di casa non aprono la mia porta, non è più casa mia. 
Se cammino, mi volto tre volte indietro perché mi segue l’ombra di qualcuno che non vedo, lui mi conosce.
Salgo le scale di una chiesa e potrei precipitare nelle sue catacombe senza risalire.
Potrei soffocarmi ma qualcosa che mi sfugge non mi da la forza di alzare un dito.
E continuo a camminare oltre casa mia.
Avrebbe potuto soffocarmi con tutti quei capelli lunghi che mi fasciavano la testa, che ora non ho più.
Avrebbe potuto farlo, da vivo.
Ma ora, ora che la sua presenza è più forte che mai sento che potrei esalare l’ultimo respiro per sua anemica mano.
Potevo morire, tu mi hai anticipato.